Cosa è un fantasma?
Domanda antica quanto l’uomo stesso.
Molti non si pongono neppure il problema e chi se lo pone si accontenta, troppo spesso, di risposte semplicistiche o di cliché cinematografici che poco hanno a che vedere con la reale complessità del fenomeno.
Non pretendo certo di affermare di aver compreso la vera natura di ciò che chiamiamo “fantasma”, non sarebbe corretto né onesto.
Tuttavia, dopo anni di studi, osservazioni e indagini condotte sul campo, credo sia possibile proporre una riflessione più ampia, basata su linguistica, tradizioni folkloriche e conoscenze esoteriche.
La parola fantasma deriva dal greco antico φάντασμα (phàntasma), a sua volta da φαντάζω (phantàzo), che significa “mostrare, far apparire”. La radice φαν- rimanda all’idea dell’apparizione, della rivelazione, di ciò che si manifesta ai sensi ma non necessariamente appartiene al piano materiale.
Nell’attuale lingua italiana il termine assume due principali significati:
- Ombra o figura visibile di persona defunta, spesso percepita in apparizioni o allucinazioni;
- Immagine irreale creata dalla mente.
Personalmente, propendo per la seconda definizione, quella più coerente con l’etimologia greca: il fantasma come apparizione, come proiezione di una realtà interiore che assume forma visibile.
Le tre ipotesi sulla natura del fantasma
Se osserviamo la fenomenologia delle apparizioni, potremmo suddividerla in tre grandi possibilità:
- Proiezione mentale – La mente umana, per motivi emotivi o energetici, può proiettare un’immagine, una sorta di ologramma del “caro defunto” o di un evento traumatico.
- Manifestazione di un’entità esterna – Un essere o energia autonoma (X), potrebbe assumere la forma di un defunto o di una figura riconoscibile per comunicare o interagire con l’osservatore.
- Sopravvivenza dell’anima del defunto – La coscienza del defunto, ancora esistente in una dimensione parallela, potrebbe manifestarsi per brevi istanti nel nostro piano.
Di queste tre ipotesi, ritengo la prima la più strettamente legata al concetto di “fantasma” nel senso originario del termine.
Un fantasma, dunque, come creazione psichica, una forma-pensiero nata dall’energia emotiva e mentale dell’uomo.
Le forme pensiero e il concetto di Tulpa
Questa interpretazione trova corrispondenza nelle dottrine orientali, in particolare nel buddhismo tibetano, dove si parla del Tulpa.
Il Tulpa è un’entità creata dalla mente attraverso profonda concentrazione o meditazione: una sorta di eggregora personale, dotata di autonomia energetica.
Il termine può essere tradotto come “cosa evocata” o “fantasma”.
Nella filosofia buddhista, il Tulpa rappresenta l’illusione mentale resa tangibile: una forma nata dal pensiero che, in alcuni casi, può diventare così densa da interagire con la realtà fisica.
Il Samaññaphala Sutta menziona la possibilità di creare un corpo fatto di mente (manomayakaya), capace di muoversi attraverso differenti piani d’esistenza. Il filosofo Vasubandhu, nel IV secolo, descrive simili capacità come siddhi, poteri mentali derivanti dalla profonda meditazione e dal dominio dell’energia vitale.
Ecco quindi l’uomo-creatore: un essere capace, forse inconsapevolmente, di dare vita a forme sottili, dotate di una loro identità energetica.
In alcuni casi, queste forme — nate da dolore, rimpianto o fede intensa — possono sopravvivere al loro creatore, continuando ad “abitare” i luoghi in cui sono state generate.
Il fantasma come eco energetica
Molte culture, anche al di fuori dell’Oriente, hanno descritto concetti analoghi.
Nel folklore europeo, ad esempio, gli “spiriti residui” vengono interpretati come energie emozionali imprigionate nello spazio e nel tempo, vere e proprie eco della sofferenza o dell’amore di chi le ha generate.
La fisica moderna, pur con un linguaggio differente, riconosce che l’energia non si distrugge ma si trasforma. Se applicassimo questo principio a livello psichico, potremmo ipotizzare che una parte dell’energia mentale o emozionale umana possa “imprimersi” nell’ambiente, manifestandosi sotto forma di immagini, suoni o sensazioni: ciò che chiamiamo comunemente fantasmi.
Forse, dunque, il fantasma non è altro che un riflesso di noi stessi: dei nostri ricordi, delle nostre paure, delle nostre speranze e delle nostre ossessioni.
Una forma pensiero che sopravvive all’emozione che l’ha generata, o — forse — una finestra su realtà parallele dove il pensiero è già materia.
Non pretendo di offrire risposte definitive, ma credo che comprendere il mistero dei fantasmi significhi comprendere, almeno in parte, il mistero dell’uomo stesso: un essere capace di creare con la mente, di plasmare con l’emozione, di evocare con la fede. Detto ciò, vi invito a leggere il mio libro PARANORMALE SVELATO (Tribal Edizioni - 2025), nel quale il tema di questo articolo viene approfondito in numerosi capitoli.


