Le origini del Carnevale

Il Carnevale tra sacro e profano

Dai culti pagani alla Quaresima cristiana

I Lupercalia e le origini del Carnevale

Le origini del Carnevale

Il Carnevale è una festa che piace a tutti, soprattutto ai bambini che si divertono a travestirsi e ad assistere alle varie sfilate di carri allegorici che si svolgono in tutta Italia. Queste tradizioni hanno origine da alcune celebrazioni pagane greco-romane, in particolare da riti greci dedicati al dio Dioniso, divinità associata al vino, alla fertilità e al piacere.
Dioniso era il dio del vino e dell’estasi, che apprezzava il rumore, la confusione e la trasgressione. A differenza degli altri dei, egli accoglieva le donne e gli schiavi nei suoi misteri, dove le “baccanti” (o menadi) danzavano in uno stato di frenesia e rapimento. Queste celebrazioni erano chiamate bacchanalia dai Romani, che identificavano Dioniso con Bacco.
Durante i riti dionisiaci, le menadi si travestivano con pelli di bestie e ghirlande di alloro, mentre gli uomini si mimetizzavano cercando di assomigliare a satiri o altri esseri folcloristici, tutti si abbandonavano ad una danza frenetica guidata da una musica dal ritmo incalzante e sotto l’effetto del vino e di altre essenze psicoattive. Per quanto riguarda la cultura romana, non si può non menzionare Lupercalia, una festa antica dedicata al Dio boschivo Faunus Lupercus, collegata alla purificazione e alla fertilità, che si svolgeva dal 13 al 15 Febbraio di ogni anno. Questa festa era un rito pastorale che aveva lo scopo di proteggere la città e i suoi abitanti dagli influssi dei demoni maligni. I Lupercalia avevano anche alcuni elementi in comune con il culto falisco di Hirpi Sorani, praticato sul monte Soratte.
Per chi non avesse mai sentito nominare l'ultimo culto citato, ritengo opportuno precisare che il culto falisco di Hirpi Sorani era una forma di religione pagana praticata dai Falisci (un popolo italico dell’Italia centrale). Il culto era dedicato al dio Soranus, identificato con il dio etrusco Suri, una divinità infera legata al sole, al vino e all’estasi. I sacerdoti di Soranus erano chiamati Hirpi Sorani, che significa “lupi di Soranus”, perché si travestivano con pelli di lupo e camminavano sui carboni ardenti durante le cerimonie. Questi riti si svolgevano sul Monte Soratte, considerato sacro a Soranus e alla sua consorte Feronia, dea della fertilità e della natura.
Tornando ai Lupercalia, occorre considerare che nel calendario romano, l’anno iniziava con il mese di Marzo, dedicato al dio della guerra Marte. Per questo motivo, Lupercalia, che si celebrava il 15 febbraio, era considerata anche la festa di chiusura dell’anno. Questa ricorrenza era caratterizzata da un clima di allegria e di spensieratezza, che forse derivava dal fatto che si lasciava alle spalle il passato e si guardava al futuro con speranza.
Lupercalia era anche una festa di fertilità, legata tra l'altro alla leggenda dei gemelli Romolo e Remo, allattati dalla lupa nella grotta del Lupercale. Durante i festeggiamenti, i giovani si adornavano con le pelli degli animali sacrificati in onore dei Luperci, i sacerdoti di Pan, il dio della natura selvaggia. Con le stesse pelli, tagliate a strisce, formavano delle sorti di fruste, con le quali percorrevano le strade della città, colpendo i luoghi e le persone che incontravano. Questo gesto aveva lo scopo di benedire e purificare la comunità, ma anche di favorire la fecondità, soprattutto delle donne, che si offrivano volontariamente a ricevere le frustate, credendo così di aumentare la loro capacità di concepire.
I rituali di fertilità, tuttavia, non si limitavano a questo, infatti, tra musica e danze, i partecipanti alla si abbandonavano facilmente a comportamenti più lascivi che sfociavano spesso in vere e proprie orge. In sintesi possiamo affermare che Lupercalia era una festa in cui si mescolavano sacro e profano, religione e sessualità, tradizione ed innovazione; Una festa che racchiudeva caratteristiche di innumerevoli culti appartenenti a diversi popoli.

Il nome “Carnevale” ha suscitato nel tempo diverse interpretazioni e spiegazioni, che riflettono le diverse visioni e tradizioni legate a questa festa. Alcuni studiosi ritengono che il nome derivi da un’espressione latina che significa “eliminare la carne”, in riferimento al periodo di astinenza e penitenza che segue il Carnevale, ossia la Quaresima, nelle religioni Cristiane. Questa ipotesi sottolinea il contrasto tra il Carnevale, come momento di eccesso e trasgressione, e la Quaresima, come momento di rinuncia e disciplina.

Altri ricercatori, invece, preferiscono collegare il nome del Carnevale alle sue origini pagane, che affondano le radici nell’antichità. Secondo questa teoria, il nome “Carnevale” sarebbe composto da due termini latini che significano “carro navale”, in riferimento a una celebrazione molto antica, il Navigium Isidis, dedicata alla dea egizia Iside. Questa festa consisteva in una processione di carri che trasportavano delle imbarcazioni sacre, accompagnati da persone mascherate e travestite. Il Carnevale, quindi, sarebbe una sorta di eredità di questo antico rito, che esprimeva il desiderio di prosperità e fertilità.
Navigium Isidis, diffusasi nella religione romana e in tutto l’impero verso il 150 d.c., era dedicata alla vicenda della Dea Iside che fece risorgere il suo sposo Osiride dopo aver ritrovato tutte le parti del suo corpo precedentemente smembrato.
Questa festività celebrava quindi la morte e la resurrezione di una divinità importantissima.
La successiva tradizione cattolica favorì probabilmente la scissione di questo rituale in due fasi distinte:

  • Carnevale: che però venne lasciato al di fuori del culto religioso e che conserverebbe solo il ricordo dei festeggiamenti in maschera, arricchiti da reminiscenze degli altri culti pagani citati precedentemente, in un miscuglio che al giorno d'oggi ha perso ogni traccia dell'originaria sacralità dei festeggiamenti.
  • Pasqua: in riferimento alla morte e resurrezione della divinità (dove Osiride è stato sostituito da Gesù Cristo).

MARIO CONTINO

Mario Contino | IL CARNEVALE TRA SACRO E PROFANO

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