La spada magica di re Artù
Excalibur è una delle spade più famose della storia e della letteratura, legata indissolubilmente alla figura di re Artù, il sovrano leggendario che avrebbe governato la Britannia tra il V e il VI secolo. Ma qual è l’origine e il significato di questa spada magica? E come si è diffusa la sua fama nel corso dei secoli?
Il nome Excalibur deriva dal gallese Caledfwlch, una parola composta da caled (duro) e bwlch (breccia, spaccatura), che significa “colei che taglia l’acciaio” o “colei che produce una breccia”. Questo nome appare per la prima volta in alcune opere gallesi, tra cui il racconto in prosa Culhwch e Olwen, risalente all’XI-XII secolo. In questo testo, Caledfwlch è la spada di re Artù, che la usa per uccidere il gigante Ysbaddaden e liberare la sua amata Olwen.
Il nome Caledfwlch fu poi latinizzato in Caliburnus dallo storico e monaco Goffredo di Monmouth, che scrisse nel XII secolo la Historia Regum Britanniae, una delle prime opere che narra le gesta di re Artù e dei suoi cavalieri. In questo libro, Caliburnus è la spada che Artù riceve dall’isola di Avalon, dopo essere stato ferito mortalmente nella battaglia di Camlann. Avalon è un luogo misterioso e incantato, dove si dice che Artù sia stato portato per guarire dalle sue ferite e attendere il momento di tornare a regnare.
Il nome Caliburnus fu poi trasformato in Excalibur dai poeti francesi che, tra il XII e il XIII secolo, scrissero i romanzi della Tavola Rotonda, una serie di testi in versi e in prosa che ampliarono e arricchirono la materia arturiana, introducendo nuovi personaggi e avventure. Tra questi, il più famoso è il ciclo del Lancillotto-Graal, che racconta la storia d’amore tra il cavaliere Lancillotto e la regina Ginevra, moglie di Artù, e la ricerca del Sacro Graal, il calice usato da Gesù nell’Ultima Cena.
Una delle leggende più note riguardanti Excalibur è quella della spada nella roccia.
Secondo questa versione, dopo la morte di re Uther Pendragon, padre di Artù, il mago Merlino aveva conficcato una spada in una pietra, con l’iscrizione: “Chi estrarrà questa spada dalla roccia sarà il re legittimo di tutta la Britannia”. Molti nobili e cavalieri provarono a estrarre la spada, ma nessuno ci riuscì. Solo Artù, che era il figlio segreto di Uther, riuscì a compiere l’impresa, dimostrando così di essere il vero erede al trono. Questa leggenda appare per la prima volta nel poema Merlino, scritto da Robert de Boron alla fine del XII secolo.
Tuttavia, in alcune versioni della storia, la spada nella roccia non è la stessa Excalibur, ma una spada diversa, che Artù rompe in uno scontro con il re Pellinore. In questo caso, Excalibur è la spada che Artù riceve dalla Dama del Lago, una misteriosa figura femminile che vive in un lago incantato e che possiede poteri magici. La Dama del Lago dona ad Artù la spada e il suo fodero, che ha la proprietà di impedire al portatore di perdere sangue. In cambio, Artù le promette di esaudire un suo desiderio in futuro. Questa versione della leggenda appare per la prima volta nella Suite du Merlin, un testo in prosa francese del XIII secolo.
La leggenda di Excalibur si conclude con la morte di re Artù, che avviene nella battaglia di Camlann, dove affronta il suo figlio e nipote Mordred, nato dall’incesto tra Artù e la sua sorellastra Morgause. In questa battaglia, Artù uccide Mordred, ma viene a sua volta ferito mortalmente. Prima di morire, Artù ordina al suo fedele cavaliere Bedivere di gettare Excalibur nel lago da cui l’aveva ricevuta. Bedivere esita due volte, perché non vuole separarsi dalla spada, ma alla terza obbedisce. Quando lancia la spada nell’acqua, una mano emerge dal lago e afferra Excalibur, portandola sott’acqua. Poi, una barca appare sul lago, con a bordo la Dama del Lago e altre donne, che portano via Artù verso l’isola di Avalon. Questa è la versione più diffusa della fine di Excalibur, che si trova nel libro Le Morte d’Arthur, scritto da Thomas Malory nel XV secolo, e che raccoglie e riassume le varie leggende arturiane.
La leggenda di Excalibur è una delle più ricche e variegate della tradizione occidentale, e ha saputo adattarsi ai diversi contesti storici e culturali, mantenendo sempre il suo fascino e la sua forza simbolica. Excalibur è una spada che non si spezza, ma che continua a brillare nella memoria e nell’immaginazione di chi ama le storie di magia e di avventura.
EXCALIBUR IN ITALIA
Pochi sanno che esiste una spada nella roccia anche in Italia, precisamente in Toscana, nella provincia di Siena. Si tratta della spada di San Galgano, un nobile cavaliere che visse nel XII secolo e che si convertì al cristianesimo dopo aver avuto una visione dell’arcangelo Michele.
San Galgano rinunciò alla sua vita di violenza e lussuria e conficcò la sua spada in una roccia sul Monte Siepi, simboleggiando così la sua rinuncia alle armi e il suo impegno a seguire il Vangelo.
La spada rimase nella roccia fino ad oggi, ed è custodita nella cappella di Montesiepi, vicino alle rovine della grande abbazia cistercense di San Galgano. Numerosi studi e attente analisi hanno confermato la sua autenticità storica e la sua datazione al XII secolo.
Mario Contino: Paranormale e non solo
Mario Contino è un ricercatore esperto nello studio sui fenomeni definiti "del paranormale", scrittore di origini campane, nato ad Agropoli (SA) nel 1986 e residente dapprima in Lecce e poi in Monopoli (Puglia). Contino ha intrapreso la sua attività di ricercatore nell’ambito del folclore internazionale al fine di salvaguardare e tramandare le antiche tradizioni, altrimenti cancellate dal panorama socio-culturale moderno.
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