Nosferatu: una parola che evoca immediatamente l’immagine di creature oscure e assetate di sangue. Se non altro, lo si deve al leggendario film horror del 1922 diretto da F.W. Murnau, che ha raccontato la storia del Conte Dracula in una chiave alternativa. In questo contesto, "Nosferatu" è diventato sinonimo di “vampiro” o “non morto”. Ma la storia di questo termine affonda le radici in un contesto culturale e folkloristico ricco e complesso, che si intreccia con le credenze popolari e le narrazioni letterarie.
La parola "Nosferatu" è utilizzata anche da Bram Stoker nel suo celebre romanzo "Dracula". In una delle lettere del protagonista, Stoker scrive: "Amico Arthur, se hai incontrato quel bacio che tu sai prima che la povera Lucy morisse... a suo tempo quando morirai diventerai Nosferatu, come lo dicono in est Europa, e per il resto dei tempi creerai ancora di quei non-morti che ci hanno tanto riempiti d’orrore". Qui, Stoker fa riferimento a una tradizione folkloristica più ampia, citando come fonte la scrittrice Emily Gerard, che nel suo trattato ottocentesco sul folklore dell'Est Europa descrive la parola come un termine rumeno che indica il vampiro. Questo è un essere che, prima dell'avvento di Dracula, era già identificato in varie storie popolari come non-morto e succhiatore di sangue, nonché "malvagio" in vari gradi e per natura.
Queste etimologie mostrano che la figura del vampiro non è mai stata un semplice racconto di fantasia, ma un concetto intriso di significati e timori che affondano le radici nel folklore e nella cultura popolare che tentava di razionalizzare ciò che, ai tempi, risultava essere incomprensibile. Le storie di vampiri, quindi, riflettono paure ataviche ed una certa critica sociale, e possono essere considerate un modo per affrontare temi come la mortalità e l’immortalità in chiave allegorica.
La credenza nell’esistenza dei vampiri risale a tempi antichi. Le figure vampiriche hanno subito un’evoluzione nel corso dei secoli, passando da creature oscure e repellenti a simboli romantici e aristocratici, soprattutto grazie a scrittori del XIX secolo, come Bram Stoker, che ha conferito loro un aspetto nobile e un’aura di fascino in contrapposizione netta con le loro abitudini alimentari.
La figura del vampiro ha attraversato vari stati di metamorfosi nel corso della sua esistenza. Per esempio, nel 1732, un medico dell’esercito, Johannes Fluckinger, si recò a Medvegia, un villaggio nell’ex Jugoslavia, per indagare su alcuni omicidi attribuiti a vampiri. Gli abitanti del villaggio gli parlarono di Arnod Paole, un uomo che affermava di essere tormentato da un vampiro. Dopo la morte di Paole, ci furono altre morti misteriose, e quando il suo corpo fu riesumato, si scoprì che il sangue fluiva dagli occhi e dalle orecchie. Gli abitanti del villaggio, convinti che si trattasse di un vampiro, conficcarono un paletto nel cuore della salma e bruciarono il corpo.
Questi eventi hanno contribuito a radicare la figura del vampiro nella coscienza collettiva e hanno portato a pratiche di sepoltura specifiche. Nella cultura popolare, il vampiro viene spesso descritto come un essere che si nutre di sangue per mantenere la propria vitalità, e la morte di un vampiro può avvenire attraverso diversi metodi, tra cui:
L'immagine del vampiro ha continuato a evolversi, soprattutto con l’avvento della letteratura gotica e del romanticismo. Nelle opere del XIX secolo, come "Varney il vampiro" (1847) di James Malcom Rymer e "Carmilla" (1870) di Sheridan Le Fanu, il vampiro comincia a manifestare caratteristiche più complesse, tra cui la sensualità e un’attrazione fatale. In particolare, "Carmilla" introduce una donna-vampiro che seduce e terrorizza, segnando un cambiamento significativo nella rappresentazione di queste creature.
Bram Stoker, ispirato da queste opere, ha creato il suo Dracula nel 1897. Il suo conte, un emaciato nobile della Transilvania, unisce elementi folcloristici e storici, ed è liberamente basato su Vlad Tepes III, noto come l'Impalatore, un personaggio storico noto per la sua brutalità.
Parallelamente alla figura del vampiro, esiste un altro concetto di non morto: il "morto vivente" (in inglese, undead). Questi esseri sono generalmente considerati cadaveri resuscitati privi di funzione vitale, che si nutrono di carne umana o animale. I morti viventi hanno origini diverse e, sebbene possano essere simili ai vampiri, si differenziano per alcune caratteristiche quali:
Anche la rappresentazione moderna dei morti viventi è cambiata notevolmente rispetto a quella originariamente nota, specialmente a partire dagli anni '60, con il film "La notte dei morti viventi" (1968) di George A. Romero, che ha dato vita a una nuova era di film horror. Questo film ha introdotto il concetto di zombie come creature voraci che si nutrono di carne umana (soprattutto del cervello), dando vita a un intero genere cinematografico.
Nella narrativa contemporanea, i vampiri e i morti viventi si sovrappongono spesso. Il romanzo "Io sono leggenda" (1954) di Richard Matheson ha mescolato le caratteristiche di vampiri e zombie, dando origine a una nuova categoria di non morti.
Le similitudini tra vampiri e morti viventi possono essere riassunte in questo modo:
Quindi in definitiva la figura di Nosferatu e il concetto di vampiro e morto vivente si intrecciano in un arazzo ricco di significati e simbolismi che ci spingono a riflettere su temi più profondi legati alla vita, alla morte e alla moralità.
MARIO CONTINO
Mario Contino: Paranormale e non solo
Mario Contino è un ricercatore esperto nello studio sui fenomeni definiti "del paranormale", scrittore di origini campane, nato ad Agropoli (SA) nel 1986 e residente dapprima in Lecce e poi in Monopoli (Puglia). Contino ha intrapreso la sua attività di ricercatore nell’ambito del folclore internazionale al fine di salvaguardare e tramandare le antiche tradizioni, altrimenti cancellate dal panorama socio-culturale moderno.
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