Nel vasto panorama della lingua italiana, le parole non sono solo strumenti di comunicazione: sono chiavi per accedere al mondo delle emozioni, dei pensieri e delle esperienze umane. Ogni termine porta con sé il potere di definire, comprendere e condividere. Eppure, nonostante la straordinaria ricchezza del nostro vocabolario, alcune realtà rimangono prive di un nome, invisibili nel loro dolore. Tra queste, una delle più strazianti: la condizione di un genitore che perde un figlio.
Se per un bambino che perde i genitori esiste la parola orfano, in grado di racchiudere il peso della perdita e il cambiamento che ne consegue, per i genitori che vivono il dolore indicibile di perdere un figlio non c’è alcun termine corrispondente. Questo vuoto linguistico riflette, in qualche modo, un vuoto sociale ed emotivo, lasciando chi soffre ancora più isolato. È come se la mancanza di una parola amplificasse l’invisibilità di questa tragedia, rendendola ancora più difficile da esprimere e condividere.
Proprio per colmare questa assenza, ho deciso di creare il termine prolistrafo. Non si tratta di una parola nata per caso, ma di un neologismo costruito con cura, cercando di dare voce al dolore e alla realtà di questa condizione. L’ho costruito unendo due elementi che, insieme, racchiudono l’essenza di ciò che voglio descrivere:
La combinazione di queste due radici dà vita a una parola che non si limita a descrivere, ma che porta con sé tutto il peso della sofferenza che vuole raccontare, una parola forte, altisonante, tetra, poiché tale è la condizione che identifica.
Prolistrafo è un termine che nasce per dare dignità a un’esperienza umana complessa, non solo riconoscendone l’esistenza, ma anche offrendo a chi la vive uno strumento per raccontarla.
Ho scelto di utilizzare prolistrafo nei miei scritti, dai saggi agli articoli scritti per giornali e riviste di rilevanza nazionale, per diffondere questa parola e farla arrivare a chi potrebbe trovarla utile. Con grande emozione, ho visto il termine essere accolto da molte persone, soprattutto da coloro che vivono questa tragedia. Alcuni hanno trovato in prolistrafo il mezzo per esprimere il proprio dolore, altri lo hanno adottato per solidarizzare con chi soffre, altri ancora lo hanno criticato ma è giusto anche questo. Il termine sta iniziando a diffondersi in modo naturale, dimostrando quanto fosse necessario avere una parola per questa condizione.
L’aspetto tecnico della costruzione di prolistrafo è stato guidato soprattutto da una profonda consapevolezza emotiva. Ogni elemento è stato scelto con l’intento di rispettare e rappresentare la sofferenza dei genitori, lo strappo che io definisco contro natura di un genitore che perde un figlio. Dare un nome a una realtà così complessa non è mai un processo neutrale: significa riconoscere quella realtà e renderla parte del discorso collettivo.
Offrire un termine come questo, crudo e potente, significa rompere il silenzio, permettendo a chi soffre di sentirsi visto e compreso. Nel linguaggio, troviamo non solo la possibilità di comunicare, ma anche di costruire empatia, di creare legami.
La lingua evolve per rispondere ai bisogni delle persone e per rappresentare le loro esperienze. Prolistrafo è il mio contributo per aiutare chi vive una delle esperienze più dolorose che un essere umano possa affrontare, un contributo effimero ma che almeno riesce a dare un nome a questo grande dolore.
Mario Contino: Paranormale e non solo
Mario Contino è un ricercatore esperto nello studio sui fenomeni definiti "del paranormale", scrittore di origini campane, nato ad Agropoli (SA) nel 1986 e residente dapprima in Lecce e poi in Monopoli (Puglia). Contino ha intrapreso la sua attività di ricercatore nell’ambito del folclore internazionale al fine di salvaguardare e tramandare le antiche tradizioni, altrimenti cancellate dal panorama socio-culturale moderno.
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